Ipnosi in Oncologia Chirurgica

Articolo da una vecchia rivista medica, non in mio possesso
Donna operata di tumore con l’Ipnosi al posto dell’Anestesia:
“Non ho provato alcun dolore”
L’intervento eseguito a Padova. Il report pubblicato su Anaesthesia. La donna, di 42 anni, aveva un tumore alla coscia ma era allergica agli anestetici verso i quali presentava reazioni anafilattiche. E’ stata quindi ipnotizzata e operata con l’asportazione del tumore. Quando si è svegliata ha dichiarato di non aver provato alcun dolore.
– 21 AGO – Una paziente di 42 anni con sensibilità chimica multipla e precedenti reazioni anafilattiche agli anestetici locali è stata ricoverata a Padova per la rimozione di un tumore della pelle della coscia sotto ipnosi come unica anestesia. Il protocollo ipnotico, guidato da Enrico Facco, docente di Anestesia e rianimazione del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova,ha incluso l’analgesia ipnotica focalizzata e un test di soglia del dolore pre-operatorio.
Dopo l’induzione dell’ipnosi, è stata eseguita un’ampia escissione, conservando la fascia profonda, e il tumore è stato rimosso.
– La  frequenza cardiaca della paziente e la pressione arteriosa non sono aumentate durante la procedura. Quando la donna è stato risvegliata dall’ipnosi, ha riferito di non avere percepito nessun dolore ed è stato dimessa immediatamente. Il caso – scrivono gli autori dell’intervento – conferma l’efficacia di ipnosi e dimostra che potrebbe essere utile come unico metodo anestetico in casi selezionati. L’ipnosi – aggiungono – può prevenire la percezione del dolore e lo stress chirurgico nel suo complesso, con risultati confrontabili con quelli ottenibili con i  farmaci anestetici.

Cardiopatia e Depressione

Cardiopatia e Depressione
– L’interferenza tra patologie cardiovascolari e depressione è reciproca: la patologia cardiovascolare, a seguito della disabilità che spesso comporta, è un fattore di rischio per la depressione (disturbo affettivo) che può provocare o aggravare disturbi coronarici, ictus, pressori, e raddoppiare il rischio di sviluppare disturbi cardiovascolari nella popolazione sana.
– La depressione a sua volta influisce sul del danno vascolare :1 scarsa compliance alla terapie, 2- riduzione dell’attività fisica, 3- mantenimento del tabagismo, 4- obesità da fame compensatoria, 5- ipercolesterolemia da scarsa attenzione al regime alimentare.
– Interagiscono anche altri fattori: 1-il ruolo di meccanismi fisiologici   (attivazione dell’asse ipotalamo-surrene e l’ipertono adrenergico) e le sue alterazione come 2- ipercoagulabilità, 3- processi infiammatori (per gli elevati livelli di citochine e marker infiammatori nel sangue di pazienti depressi) che aumentano il rischio cardiovascolare, e, inversamente, 4- il danno endoteliale stimola un processo infiammatorio, che può favorire lo sviluppo della   depressione, innescando un circolo vizioso, come anche lo 5- Stress.
– La terapia farmacologica, oggi molto efficaci grazie alla sempre più specificità di meccanismi d’azione, può tuttavia richiedere particolare attenzione in caso di comorbidità.
– L’ipnosi si pone al primo posto tra le alternative coadiuvanti o psicoterapeutiche, per la non interferenza sul delicati meccanismi di correlazione.

Cervello e Tabagismo

Ai fumatori manca la trpm5 implicata nel riconoscimento dei sapori amari
-Uno studio pubblicato su Pnas ha dimostrato, scientificamente e biologicamente, il legame che intercorre tra la dipendenza da fumo e gli organi di gusto attraverso la scoperta della presenza dei recettori della nicotina nelle papille gustative.
– La scoperta potrebbe aprire la strada a nuovi farmaci anti-fumo da applicare direttamente sulla lingua. Oltre ai recettori della nicotina presenti nel cervello, i ricercatori hanno scoperto un altro ‘percorso’ che contribuisce all’assuefazione al fumo da sigaretta, e cioè quello che attiva un’area cerebrale che, una volta danneggiata, porta istantaneamente alla perdita dell’assuefazione.
– Partendo dall’idea che il gusto sia importante per la dipendenza da tabacco la ricerca si è concentrata sulla mancanza di una proteina nella bocca, la trpm5, implicata nel riconoscimento dei sapori amari, come la nicotina. Infatti gli individui con un’estrema capacità di assaggiare e gustare l’amaro sono più resistenti all’assuefazione da fumo e le lesioni all’insula, l’area del cervello dove risiede la sede del gusto, influiscono su questo processo.
– La nicotina stimola pertanto due diversi sistemi nella bocca, 1- legato alla proteina trpm5, usata anche per riconoscere le sostanze amare, e 2-, apparentemente specifico per la nicotina e indipendente dalla trpm5, che attiva un modello neurale unico nella corteccia cerebrale del gusto.

Psicotraumatologia oncologica

– Psicotraumatologia Oncologica
– Traumi psicologici del paziente oncologico, Trattamenti d’elezione
– Prestazioni specialistiche erogate dal SSN dal 1996
– IPNOSI, IPNOSI per ANALGESIA e IPNOTERAPIA
vedi copia della Gazzetta Ufficiale del SSN.
– Oltre al paziente, il trauma può colpire parenti e amici che condividono la sofferenza del percorso terapeutico e se capita, dell’agonia

  • Trauma psicologico da stress: è detto per una lesione non organica, conseguente ad un evento che, per il forte coinvolgimento emotivo, crea uno sconvolgimento del senso di se, anche a parenti ed amici.
  • Si manifesta inizialmente con una prima fase di shock e un con un corollario di sintomi disturbanti, ad insorgenza più o meno subdola e tardiva, che interferiscono dal benessere della vita quotidiana fino ad invalidarla dal punto di vista emotivo e mentale.
  • Il trauma psicologico oncologico è assimilabile al D. Post Traumatico da Stress PTSD
    Si perde l’integrazione della propria:
    – Identità – Sicurezza – Diritto e capacità di scelte – Responsabilità verso gli altri
    – capacità di programmare e di organizzare
    – Già terrorizza la semplice parola: CANCRO, più ancora di Tumore, per la percentuale di mortalità che si associa.
    – L’insorgenza è insidiosa, può essere asintomatica, non consentendo alla mente di prepararsi ad affrontare l’evento per cui si insinua e pervade un senso di vulnerabilità.
    – Il Trauma psicologico del pz oncologico coinvolge anche parenti e amici. La malattia è percepita come Minaccia per la propria integrità, per la propria vita, genera un senso di Impotenza, di insicurezza, paura di soffrire, di paura dell’invalidità, compromette il valore di stabilità.
    – Caratteristica del Trauma Psicologico è insorgenza improvvisa, inaspettata. Il trauma sorge già alla richiesta di accertamenti e continua,secondo la resilienza del soggetto, nella diagnosi, negli interventi terapeutici, nelle diverse fasi dell’assistenza.
    – Resilienza è un termine riferito, dal punta di vista fisico, ai metalli, e viene usato in medicina per descrivere la capacità del soggetto di riprendersi da una grave minaccia alla sua integrità.
    – Il trauma si rinnova negli accertamenti: richiesta di impegnativa, appuntamento, attesa, esame, attesa di referti, e ovviamente continua con l’intervento, la terapia, i controlli, il risultato e la prognosi!
    Spesso si vive il conflitto di voler sapere la verità e di temerla tanto da non volerla sapere!
    – Le reazioni psicologiche alla diagnosi possono essere di incredulità, disperazione, depressione, per timore di recidive, di menomazione fisica, di invalidità, di dolore, di dipendenza dagli altri, di distacco dal lavoro, oltre gli effetti anche fisici della chemioterapia.
    – Per quanto riguarda il dolore, l’Ipnosi è la terapia elettiva perche favorisce dosaggi minimi di farmaci antalgici, intervenendo utilmente durante la malattia e soprattutto in fase terminale, nella analegesia ipnotica, mentre l’EMDR favorisce il recupero delle capacità di coping e l’elaborazione del trauma.
    – L’ipnosi, ricordiamo, è stata sempre usata per analgesia prima dell’utilizzo di anestetici naturali e chimici.

Autismo

Ricerca: L’autismo è diagnosticabile già a sei mesi
– Una ricerca dell’Università di Yale pubblicata sulla rivista Biological Psychiatry ha scoperto che è possibile rilevare i deficit di attenzione a partire dai sei mesi di vita nei bambini che svilupperanno col tempo i disturbi dello spettro autistico.
– I risultati dello studio dimostrano che a sei mesi i neonati che un giorno soffriranno di autismo dedicano meno attenzione alle persone intorno e alle loro attività rispetto ai coetanei che non svilupperanno disturbi dello spettro autistico. I ricercatori hanno cercato la presenza di sintomi prodromici, i primi segni di disturbi dello spettro autistico, nei bimbo di sei mesi d’età .
– I bambini ai quali è stato successivamente diagnosticato l’autismo mostravano già a sei mesi una ridotta capacità di partecipare alle attività sociali proposte dall’esterno. Si tratta della prima ricerca  che dimostrare la presenza dei sintomi prodromici nel primo anno di vita del bambino. I risultati offrono nuovi parametri di riferimento per individuare i bambini più a rischio dei disturbi autistici già dai primi sei mesi.

 

Ansia da prestazione

– Capire e superare l’ansia da prestazione.
– Dietro la difficoltà a realizzare quelli che spesso consideriamo degli obiettivi importanti, può celarsi un problema di ansia di prestazione
– Questo tema, su cui è stato scritto tantissimo, continua ad essere uno della problematiche maggiormente diffuse in chi presenta un comportamento ansioso.
– L’ansia è un meccanismo positivo di attivazione che ci permette di rendere al meglio, nelle situazioni che richiedono una maggiore concentrazione, essa è utile al raggiungimento di un obiettivo, ma se mal gestita può diventare un meccanismo di auto sabotaggio che non ci permette di affrontare in modo adeguato i compiti che ci prefiggiamo.
– L’origine di questo disagio va spesso ricercata nel passato di ogni individuo: una serie di eventi fisici, sociali ed affettivi tendono a creare un insieme di vissuti emotivi-cognitivi e comportamentali che sicuramente giocheranno un ruolo rilevante nelle risposte future che fornirà all’ambiente.
– Vivere forti tensioni, sentirsi minacciati, sperimentarsi più volte vulnerabili di fronte a stimoli simili od aventi lo stesso significato, può portare, in fasi successive, ad attivare gli stessi schemi.
– Inoltre, avere dei genitori con un’elevata ansia, o figure significative particolarmente problematiche dal punto di vista affettivo a cognitivo, possono rappresentare dei modelli che l’individuo tenderà ad imitare, anche se questo potrà portare alla sofferenza o ad un cattivo adattamento ambientale.
– Ciò che differenzia in generale l’ansia da valutazione, da altre forme di ansia è l’importanza data al contesto ambientale ed al concetto di prestazione.
– Il risultato della prova è continuamente percepito in relazione al giudizio dell’altro, un giudizio che per il soggetto con ansia da prestazione deve essere completamente positivo, uscire da questo ideale di perfezione viene vissuto in modo negativo. Una serie di idee irrazionali alimentano questo modello: “devo raggiungere un ideale di perfezione”, “ se non raggiungo la perfezione, non ho successo e per questo sarò emarginato e rifiutato dagli altri”. Questa visione rigida coinvolge tutta la persona, pertanto basta un solo errore per far precipitare la sua autostima, e generare un profondo malessere.
– Le situazioni sociali in cui compare l’ansia da prestazione sono molteplici e possono racchiudere diversi ambiti della nostra vita: scolastico, sportivo, lavorativo, sessuale e relazionale. L’ansia da prestazione scolastica, in genere insorge in seguito a fattori scatenanti in ambito familiare, un lutto, una separazione o un genitore a cui si vuole dimostrare di essere bravo.
– Quando compare possono manifestarsi stati di tensione, irritabilità, insonnia ed altri disturbi che vanno accentuandosi con l’avvicinarsi dell’esame, quest’ansia è alimentata da una visione della persona che attribuisce all’esame un valore molto più alto rispetto a quello reale, credendo che dall’esito di questa prova dipenda non solo l’andamento dell’intero corso di studi ma il suo percorso lavorativo, la sua affermazione sociale, ed addirittura l’idea che genitori, parenti ed amici hanno di lui.
– Questo eccessivo valore dato alla prova induce dei vuoti mentali o una confusione tale da compromettere l’esito dell’esame indipendentemente dalla preparazione. Chi soffre d’ansia d’esame sente che durante l’esame, non viene valutata solo la sua preparazione scolastica, ma anche la sua intelligenza e le sue capacità personali. Egli fa dipendere la sua autostima da un riconoscimento esterno, questo meccanismo è molto simile anche per l’ambito lavorativo e sportivo.
–  Nell’ambito sportivo l’eccessiva importanza data all’esito della performance sportiva viene vissuta in termini di approvazione-disapprovazione. La propria autostima e il proprio valore dipenderanno dal riconoscimento esterno e una cattiva performance può far perdere la stima e l’approvazione delle persone per lui importanti.
– In ambito lavorativo il meccanismo d’ansia da prestazione, può compromettere il rendimento lavorativo. La paura di non essere all’altezza dei compito, il confronto con i colleghi, il bisogno di riconoscimento da parte del capo, e l’eccessiva aspettativa riposta nel lavoro, possono indurre lo uno stato d’ansia che non permette un corretto espletamento dei compiti.
– L’ansia da prestazione in ambito sessuale, colpisce sia uomini che donne, entrambi attribuiscono alla prestazione una forte valenza, il desiderio di essere all’altezza e la paura di deludere l’altro, impediscono di vivere con serenità l’esperienza sessuale, portando come conseguenza un calo del desiderio o una difficoltà nel raggiungere correttamente l’orgasmo. A causa del significato dato al rapporto sessuale i soggetti sono colpiti da uno stato d’ansia cominciano a vivere la sessualità con timore, senza naturalezza, a lungo andare questo stato di tensione può compromettere non solo il rapporto di coppia ma anche il modo in cui ognuno percepisce l’altro sesso.
– In ambito relazionale la tendenza a cercare di far sempre una bella figura davanti agli altri, per essere accettati e riconosciuti, può nascondere la paura di non essere all’altezza e da questo dipenderà la propria autostima. Tanto più sarà importante il riconoscimento sociale, tanto può non averlo genererà malessere e come conseguenza un ritiro sociale per evitare il fallimento.
– Tutti questi ambiti se non trattati adeguatamente possono dare origine a patologie più gravi come attacchi di panico, fobie e ossessioni. Per questo è necessario e consigliabile laddove vi è una corretta diagnosi, prevenire il disagio e trattarlo in modo adeguato. La caratteristica comune è l’eccessiva importanza data alla prestazione e al suo esito, si tratta spesso di un costrutto cognitivo, dovuto a delle idee che hanno le radici nella nostra infanzia, nel sistema sociale e familiare in cui siamo cresciuti.
Attraverso una psicoterapia si può riuscire a dare la giusta importanza alle cose, acquisendo di un diverso modo di pensare e una nuova capacità di rilassarsi eliminando le componenti che disturbano l’equilibrio psichico.
– Si potrà capire e accettare di non dover per forza essere perfetti e che anche nell’imperfezione si può star bene. Riuscire a portare avanti questo processo permetterà di affrontare con meno ansia le situazioni che in passato ci hanno fatto star male, ciò migliorerà il nostro rendimento e ci permetterà di dare la giusta importanza alle esperienze che ci apprestiamo a vivere.

 

Stress: eustress – distress

– Lo stress è una condizione fisiologica di risposta a stimoli eccessivi in certe condizioni del soggetto (malattia, eccessivi impegni, cambiamenti di vita), è utile perché utilizzando le riserve di energia consente di superare momenti particolari al meglio delle proprie capacità (EUSTRESS).
– Quando questa condizione si prolunga, si accompagna a sofferenze o disfunzioni fisiche, psichiche, psicologiche o sociali, che scaturiscono dalla sensazione individuale di non essere in grado di rispondere alle richieste o di non essere all’altezza delle aspettative proprie o altrui; si ha una maggiore difficoltà a sostenere un’esposizione prolungata a una intensa pressione psicologica (DISTRESS).
– Lo stress occasionale non è una malattia, ma un’esposizione prolungata o un evento molto intenso può far diventare questa reazione fisiologica in patologia grave e socialmente invalidante.